giovedì , 5 Ottobre 2023
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In Russia il Governo blocca Telegram poiché in contrasto con la legislazione antiterrorismo

Nelle ultime ore, Telegram, applicazione di messaggistica istantanea, non è più accessibile dagli utenti russi a causa del blocco immediato indetto dal Tribunale.

Il 15 Aprile, il Tribunale Taganskij di Mosca, dopo un’udienza di soli 20 minuti, ha disposto il blocco immediato di Telegram in Russia, poichè in contrasto con le leggi antiterrorismo del 2016.
La polemica è iniziata qualche giorno fa e precisamente quando agli amministratori di Telegram era stato chiesto di consegnare le chiavi di crittografia delle conversazioni degli utenti. In parole semplici, i servizi di sicurezza russi Fsb, volevano poter accedere tranquillamente alle conversazioni degli utenti all’interno della piattaforma. La risposta di Pavel Durof, però è stata secca respingendo la richiesta immediatamente.
Il Governo, quindi, ha subito trascinato l’amministratore delegato della società in tribunale accusandolo di favorire il terrorismo.

Pavel Durov non si è presentato all’udienza e, insieme ad alcuni analisti, smentisce le buone intenzioni del Governo accusandolo di non voler tutelare i cittandini ma di voler spiare le loro conversazioni e far crollare i titoli in borsa della società stessa.
Lo stesso Durov ha poi pubblicato, nella sua pagina VKontaktela, social network russo, che la privacy non si vende ed essendo un diritto del cittadino, non è possibile sacrificarla per questioni economiche o di paura.
Inoltre, precisa che, l’azione del Tribunale di sospendere l’utilizzo dell’applicazione in Russia, non lede in nessun modo l’economia della società poichè fondata senza alcuno scopo di lucro.

Secondo la nota agenzia di stampa russa Tass, nonostante gli avvocati di Telegram possano ricorrere ad un appello, per il momento la decisione del Tribunale è netta ed esecutiva per cui in questo momento l’applicazione non è accessibile da tutti gli utenti russi.

Questa vicenda rappresenta l’emblema del momento che, se pur in minima parte, ricorda il caso di Cambridge Analytica che ha travolto Facebook nella bufera. Le vicende sono diverse ma al centro delle due questioni c’e’ una costante, ossia la privacy degli utenti.
Ci sono volute molte leggi e molti anni per far sì che sia riconosciuto, da parte di tutti, il diritto di tutelare la propria privacy e solamente adesso ci rendiamo conto che i nostri dati personali sembrano non essere più di nostra proprietà, in quanto è tutto nelle mani di terze persone che, per adesso, sono le uniche a poterli gestire e decidere, in base al loro buon senso o al loro interesse, cosa farne. Non è forse un paradosso, in questa società moderna, essere nelle mani di altri che, per qualsivoglia motivo, cercano di controllare le nostre parole, le nostre conversazioni, i nostri desideri e la nostra libertà?

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